domenica 1 novembre 2009

Gabriele Belli, il trans del Grande Fratello 10

Secondo varie voci, nella puntata di domani del Grande Fratello 10, sempre che la Endemol non ci sorprenda, dovrebbe “scendere in campo” il trans Gabriele Belli. Il concorrente, più discusso ancora prima di entrare, non è nuovo al piccolo schermo. Infatti, nel gennaio 2009 in un reportage del programma Iride, condotto da Irene Pivetti su Odeon Tv, ha avuto modo di raccontare la propria storia. Ecco il video che lo riguarda:
                      
Gabriele rivela di aver avuto una compagna, attraversando dunque un percorso omosessuale, e che il disturbo dell’identità di genere gli è stato diagnosticato da un medico, grazie a cui ha iniziato ad assumere ormoni con tutte le difficoltà psicologiche del caso. Volevo raccontarvi solo i tratti salienti dell’intervista di Gabriele Belli, ma sono stata talmente catturata da l’intensità di questo racconto che ho preferito riportarvelo per intero:
“Io sono nato a 35 anni, vuol dire che un giorno, dopo 35 anni di prigionia in un guscio, ho deciso di rompere la corazza che mi nascondeva e ho deciso di venir fuori. Questo venir fuori significa rinascere, guardare il mondo con occhi nuovi e significa che il mondo mi deve guardare e deve riconoscere chi sono davvero. Prima ero in un corpo di femmina, oggi sono un uomo. Orgoglioso di essere un uomo, forse non un maschio, ma sicuramente un uomo. E’ iniziato con me, quando ero un bimbo e mi guardavo intorno e vedevo il mondo con gli occhi di un bambino che voleva una fidanzata, crescere, diventare un padre, avere una moglie. E ogni giorno la vita mi rimandava delle risposte differenti. Io sono nato perchè un giorno, anche se avevo tutto nella mia vita di prima, un lavoro, una compagna, una buona posizione sociale, mancava me stesso. Ero seduto sul divano, mi sono toccato il viso e mi sono accorto che mi mancava la barba, la pelle rovinata di uomo. Che mancavo io. Ho deciso che dovevo trovare una soluzione, dovevo uscir fuori a qualunque costo. L’alternativa era morire, perchè non si poteva più andare avanti così. Ho cercato e sono stato fortunato a trovare una persona che in realtà mi vedeva come ero dentro e mi ha detto ’si, fallo’, e da questo ho cominciato giorno per giorno a piccoli passi a trovare i puntini che mi hanno portato a questo”.




“La mia trasformazione è iniziata parlando con uno specialista, uno psichiatra che appena mi ha visto mi ha quasi dato una sorta di sollievo, mi ha illuminato dicendomi ‘lei è un chiaro caso di disturbo ginandroide, si chiama disturbo di identità di genere, non si preoccupi ragazzo mio, adesso la aiutiamo’. Ho cominciato con lui a raccontare i miei disagi, il mio dolore e mi sono sentito per la prima volta, nonostante il mio aspetto ancora tradisse altro, visto, compreso: ho avuto il coraggio di andare avanti. Dopo sei mesi ho cominciato ad assumere ormoni e a contare ogni istante che mi potesse portare ad avere un aspetto sempre più maschile, e soprattutto la gioia più grande, vedere spuntare ogni giorno un pelo in faccia, o sul corpo. E’ incredibile quanto le persone comincino a riconoscerti e a darti credibilità proprio quando ti spuntano i primi peli in faccia. E’ un percorso dove degli specialisti, per via della legge che ti menzionavo prima, vivisezionano il tuo corpo. E’ quasi un’inquisizione sulla tua mente, sulle tue sicurezze. Io sono stato fortunato, ho incontrato specialisti comprensivi e umani al di là della loro professionalità, ma so di casi di persone che vengono portati quasi a desistere. Proprio perchè bisogna essere sicuri a livello legale, al mille per mille, che la persona vuole questa cosa, viene messa di fronte a tante e tali difficoltà che bisogna avere una forza di carattere e un equilibrio non indifferente. La persona di fronte allo specchio è Gabriele Dario, il nome che mi sono dato con orgoglio, ed è Elettra, la persona che mi ha accompagnato come corpo e mi accompagnerà comunque tutta la vita. E’ il corpo che mi ospita, il corpo al quale io comunque devo la vita, e non posso prescindere da questo. E’ il corpo che mi ha fatto soffrire, che ho odiato, che mi ha portato all’orlo della follia, ma è comunque il mio corpo”.


“La nostra realtà è una realtà sconosciuta, soprattutto quella dei transessuali maschi è una realtà invisibile, e in generale la realtà dei transessuali nella collettività sociale è assimilita alla prostituzione, a degli essere alieni e notturni. In realtà esistono delle ragazze splendide che lavorano, che vorrebbero lavorare senza discriminazioni, e questo a volte le porta sui marcipiedi, non tutte ma talune si; e poi esistiamo noi, l’altra faccia della luna. Ragazzi socialmente più inseriti solo perchè, come dico io banalmente, con quattro peli in faccia rassicuriamo gli altri che siamo uomini comuni. Ma non siamo uomini comuni, siamo uomini con un passato assolutamente diverso, e abbiamo bisogno di dirlo, abbiamo bisogno di un orgoglio che sia alla luce del sole, che non sia legato semplicemente a dei momenti plateali di esibizione, come può essere un Gay Pride, che ha una sua valenza ma che non spiega realmente tutte le motivazioni, tutto il dolore, tutta l’importanza di questa vita”.


“Gabriele si sentiva un cavaliere, era un uomo che voleva dare nella vita il meglio di uomo, anche sobbarcandosi delle responsabilità che oggi come oggi in realtà sono obsolete e fuori moda. Però mi vedevo così, come un cavaliere senza paura che avrebbe affrontato qualsiasi drago nella sua vita per arrivare a se stesso e per poter confortare la propria famiglia e la propria compagna. Ci sono ancora oggi momenti di disperazione, momenti in cui pensi di non farcela, ti chiedi perchè. Non ci sono ancora arrivato, ma ho visto negli occhi di persone prima di me questa consapevolezza di essere sereni davvero. Io ancora oggi posso dire con sincerità e umiltà che ho momenti di tristezza, di amarezza, in cui mi chiedo perchè io. Ma mano mano vedo dall’altra parte un bicchiere mezzo pieno, pieno di un’esperienza stupefacente, che mi da la possibilità di traslare, di passare da un mondo all’altro e di conoscere le sfumature di entrambi questi mondi, che sono il il femminile e il maschile, incontrarli tutti e due e soprattutto viverli come a nessun uomo e a nessuna donna è dato fare nella vita comune”.


“Noi siamo semplicemente un disturbo di identità di genere trattato nel DSM4 come una patologia mentale, quindi è paradossale che in questo momento la persona che ti sta parlando è considerato psichiatricamente instabile, o comunque non sano. Ed è paradossale che questa patologia sia curata a livello giuridico, quando in realtà non esiste; se io sono stato già visto come un disturbo, perchè devo rivolgermi ad un giudice per chiedere la riattribuzione del mio sesso? Leggo nel mio corpo il dolore, anche assumere un ormone che mi sta dando la libertà, in qualche modo cancella quei tratti che mi hanno reso prigioniero. E allo stesso tempo è un corpo che soffre, con il quale faccio i conti tutti i giorni, con i muscoli che tirano, hanno i crampi, che prendono un volume diverso, con un disagio di un corpo che mi guarda dall’esterno verso l’interno e mi chiede perchè, e con un interno, la mia identità, che mi chiede ‘perchè hai fatto questo a me?’ Queste sono le due nature che si scontrano. Anche questo ci rende diversi”.


“Sicuramente il mio è un corpo che aveva un problema con la mia identità, perchè non la rispecchiava assolutamente, al quale sono stati legati a livello sociale degli stupidi limitanti, e questa cosa ha inferto dolore alla mia anima. Ma sono più convinto di dire che senza un’anima che respira e che vive, un corpo non è niente. In questo momento il corpo sta soffrendo, ma mai quanto quello che ha sofferto la mia anima e la mia identità”.


“La mia conquista più grande? La mia barba. Anche quando mi sento solo, mi sento triste, toccarmi il viso e sentire che non è liscio, ma pieno di impurità, e che la barba mi cresce, mi rassicura. E’ come un padre che parla al proprio figlio; mi coccolo. Come un padre che guarda un bambino e dice ’si figlio, la vita è dura ma non ti preoccupare, ci sono io al tuo fianco”.

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